L’aumento delle diagnosi di disturbi di apprendimento nei bambini: un fenomeno in crescita
Negli ultimi anni, sempre più bambini ricevono diagnosi di disturbi di apprendimento (DSA), una tendenza che sta sollevando molte domande tra genitori, educatori e specialisti. Sebbene sia fondamentale riconoscere e affrontare le difficoltà che possono ostacolare il percorso scolastico di un bambino, esiste il rischio che queste diagnosi si trasformino in “etichette” che finiscono per intrappolarli in schemi da cui è difficile uscire.
Queste etichette possono condizionare la percezione che il bambino ha di sé e il modo in cui viene trattato dagli adulti, in particolare all’interno del contesto scolastico, minando fortemente la sua autostima.
E’ questo il caso di Ludovica, una bambina di undici anni che ha ricevuto una diagnosi di disturbo misto delle capacità scolastiche, includendo disortografia, discalculia e disgrafia. Inizialmente, la diagnosi aveva un impatto devastante per lei e per tutta la famiglia: i medici avevano persino affermato che Ludovica non sarebbe mai stata in grado di svolgere operazioni basilari come 2 + 2 o leggere l’ora; cosi racconta nella sua testimonianza la mamma Laura nel libro Gli Algoritmi di Elia Tropeano, tuttavia, la sua determinazione ha portato a scoprire metodi alternativi allo studio che hanno radicalmente cambiato la situazione.
Adattare l’insegnamento ai canali rappresentazionali
Spesso i bisogni educativi speciali non sono altro che difficoltà legate al metodo di apprendimento. La Programmazione Neuro-Linguistica (PNL) ci insegna che esistono tre principali canali rappresentazionali attraverso i quali le persone acquisiscono ed elaborano informazioni: visivo, auditivo e cinestetico.
- Le persone visive imparano principalmente attraverso immagini e schemi visivi
- quelle auditive attraverso suoni e parole
- le persone cinestetiche apprendono tramite il tatto, il movimento e le sensazioni corporee.
Quando ci troviamo di fronte a un bambino che predilige il canale cinestetico o auditivo, è importante riconoscere che il loro processo di decodifica delle informazioni richiede più tempo rispetto a quello di un bambino visivo. Decodificare una sensazione corporea o un suono, infatti, è un processo più lento rispetto alla rapidità con cui si può interpretare un’immagine. Per questo motivo, utilizzare un linguaggio e un metodo d’insegnamento esclusivamente visivo con un bambino cinestetico o auditivo rischia di creare blocchi e difficoltà.
Grazie alle tecniche di Elia Tropeano, Ludovica, prettamente cenestesica, ha iniziato a fare progressi significativi. Imparare a “sentire” e visualizzare i numeri, scrivendoli con il dito e associandoli a colori l’ha aiutata ad risolvere operazioni matematiche, sbloccato la sua capacità di apprendere in modo efficace. Oggi Ludovica si diverte a fare i conti della spesa e del ristorante, riesce a leggere e riassumere un testo e perfino a parlare in inglese, anche se con ancora un po’ di difficoltà.
Il giusto metodo, adattato al canale rappresentazionale di ciascun bambino, può fare una grande differenza! E che cosa accade se si riesce ad attivare il canale visivo in bambini e ragazzi che usano prevalentemente il canale auditivo o quello cinestetico? Beh, noi di Genius Mode On non abbiamo dubbi: diventano dei geni!
Dopotutto, abbiamo due orecchie, due occhi e una sola bocca non a caso. Quando ci relazioniamo agli altri, e soprattutto in quella relazione così delicata che è l’educazione, prima di “giudicare” dobbiamo imparare ad osservare con attenzione e ad ascoltare con il cuore. Solo così possiamo davvero capire ed essere di sostegno chi ci sta di fronte.
Francesca Lanza